Il testo che segue è il “Manifesto del Sacro”, manifesto programmatico del Museo Diocesano di Brescia, il quale, fondato nel 1978 dal Vescovo Luigi Morstabilini e arricchito nelle sue finalità in un nuovo statuto disposto nel 1988 dall’Arcivescovo Bruno Foresti, accoglie e conserva opere di arte sacra ed è promotore culturale, orientato anche all’attività didattica. La fede del popolo bresciano, vissuta all’interno delle singole parrocchie, è stata intima ricerca di Dio, nella semplicità della vita quotidiana, nei legami e nel lavoro, esperienza del Sacro, senso e vita dell’istituzione. Articolato in dieci punti, il “Manifesto del Sacro” espone il pensiero che vuole essere discernimento per la progettazione delle attività del Museo.
Il “Sacro” si offre come tema universale, trasversale e di ampio respiro. Vettore comune dell’esperienza religiosa e laica viene identificato come motore di quel processo culturale che mira al progresso della civiltà. Il lavoro dell’arte indica un “dare corpo” distinguendosi dalla produzione di quei corpi che sono oggetti della tecnica, mera decorazione o oggetti di consumo. Il “dare corpo” dell’arte parte dal presupposto che la carne sia intrisa di spiritualità e viva in sé il legame con la trascendenza.
Lontano dalle logiche del benessere, del retto funzionamento e dell’utile, l’arte invita ad una formazione delle coscienze rivolgendosi a quell’immaginazione capace di rilanciare sempre il mondo della vita, il quale non è semplicemente consumato, bensì diviene fonte di generazione, attraverso una continua rifigurazione del mondo, perché sia spazio abitabile per fare esperienza di sé e per la costruzione di legami.
L’arte forma in ordine a quel dono di sé che deve diventare compito responsabile per ciascun individuo, il quale, facendosi carico del proprio desiderio, possa diventare testimone della credibilità e affidabilità del cammino di ricerca verso il senso di ogni cosa.
Dai sensi si può arrivare al senso. L’arte provoca continuamente i sensi dell’uomo perché vengano educati. L’estetica si edifica nel senso che si sprigiona dai sensi: cosa si vede quando si guarda, quale umanità si sprigiona in un tocco, quale eleganza in un profumo, quale armonia in un suono, quale intelligenza in un gusto.
Il 7 maggio 1964, nell’omelia in occasione della celebrazione della solennità dell’Ascensione di Nostro Signore, San Paolo VI affermava che la Chiesa ha bisogno degli artisti per predicare e rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio, adempiendo così al ministero che le è proprio.
Il Museo Diocesano di Brescia è un contenitore del Sacro ed è promotore sociale della cultura del Sacro, per la formazione delle coscienze e l’edificazione di una società civile sapiente di umanità, ponendosi come servizio, proposta, dono ed incontro.
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1Il Sacro è termine che esprime il mistero che abita l’intera espressività della vita. Il farne esperienza significa fronteggiare la domanda di senso che interpella l’uomo circa i propri affetti. L’esistenza è il terreno del Sacro: la nascita, i legami, i sentimenti, le emozioni, l’operare, il riflettere, il giudicare, l’agire, le intuizioni, la sofferenza, la malattia, il desiderio, le pulsioni, gli appetiti, la morte. Ognuna di queste parole non è la prospettiva dalla quale guardare il mondo. Il Sacro le abbraccia tutte riportandole al mistero della loro trascendenza: qualità spirituale e nutrimento dell’anima.
La Rivelazione è la storia della salvezza che trova la sua Gloria in Gesù di Nazareth, Figlio Eterno che nel mostrare il Padre si fa dono sapiente di umanità. Lo Spirito Santo, il Consolatore che il Padre ogni giorno manda, continua ad insegnare e ricordare come il modo di vivere di Gesù sia fondamento di ogni esperienza umana (Gv 14,26).
Ogni tempo è tempo di Dio e nella continuità del ministero si rende necessario il discernimento che scorge in quali forme il Sacro viene vissuto dal popolo.
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2Il Sacro non può essere addomesticato, non è possibile contenerlo, sia nella modalità di un pensiero o di una prassi. Il Sacro apre alla dimensione del divino, dell’umano, della natura e della socialità e ha una forza che non smette di circolare, trasmigra. La cultura del Sacro è una cultura che insegna a trovarsi faccia a faccia con esso, insegnando il sapere signorile della vita, quello che abbandona ogni volontà di dominio per accarezzare il mondo con un’ineguagliabile gentilezza. La cultura del Sacro è educazione dei sensi per essere sensibili allo Spirito.
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3Il Sacro non è il racconto di come l’uomo si adopera nel tempo, bensì il Sacro pone la questione di cosa l’uomo intenda fare del tempo. Il fare comunità, lo strutturarsi del tessuto sociale, non si colloca nel tempo libero svuotato di impegni e da riempire con la varietà delle molteplici offerte. Il tempo nel suo più intimo è l’esperienza di un eccesso, dono gratuito di uno spazio di vita, nel quale la vita si genera e si ri-genera. L’immaginazione e la creatività dell’arte sono il luogo sociale che inaugura il tempo del segno: ritorno a ciò che accende nell’uomo il suo Sacro essenziale, qualità dell’umano che accomunando gli uomini ne indica la comune destinazione.
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4Il Sacro ha bisogno di memoria, di quel sapere che si trasmette di generazione in generazione e attraverso le generazioni si ri-genera. La cultura è l’oggettivazione nella prassi sociale dei significati elementari della vita, porta con sé una visione del mondo e ogni cultura porta i segni di Dio. Non ci può essere frattura tra coscienza e cultura, poiché quest’ultima è il luogo che accoglie le nuove vite che si affacciano al mondo e offre loro un codice simbolico con il quale leggere se stessi in rapporto con gli altri.
La grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve (Evangelii gaudium, 115). Il Sacro è la custodia e la garanzia della circolarità fruttuosa tra la cultura e le vicende singolari degli individui, dove le risorse dell’umano vengono continuamente rimesse in gioco, perché la vita sia anche dove l’uomo fallisce.
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5Il Sacro è esperienza unica e originaria dell’essere umano, proprio per questo essa può essere definita in termini universali. Il Sacro impone la considerazione che c’è un qualcosa che non sia traducibile in concetti chiari e distinti, che ci sia dell’inspiegabile in quell’inesauribile donazione che è la vita. Significare allora non è più imbrigliare e ridurre in descrizioni complete ed esaustive, significare è accostarsi a forme evocative che aprano all’immaginazione, perché venga istruita la Grazia del bello che è anche la Grazia dello Spirito.
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6Il Sacro è fascinans et tremendum, è incontro da vivere con timore e tremore (Fil 2,12). Il Sacro rivela la sua ambivalenza, che può diventare ambiguità, essendo quell’intensità di vita quale è il mondo degli affetti, luogo in cui ne va della vita di ogni uomo. L’arte ci mostra come la gioia della vita sia al tempo stesso anche la possibilità della sua tragicità e viceversa. Ci insegna come tutto si compia nella carne.
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7L’esperienza del Sacro è oltre perché si trova prima di qualsiasi divisione settoriale del sapere. Il Sacro è ben oltre la distinzione tra credenti e non credenti, ben oltre la differenza delle religioni, e si distingue dalle singole tradizioni culturali che trovano solide radici storiche. Il Sacro proprio perché questione estetica che ha a che vedere con il bello e il brutto struttura l’etica del giusto e dell’ingiusto.
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8La cultura del Sacro insegna come per ascoltare e comprendere le ragioni provenienti dal mondo della vita sia necessario partire dalle domande religiose, le quali abitano anche la città secolare, coinvolta nel confronto con la vulnerabilità e la fragilità umana.
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9Il Sacro trova nell’artista il suo artigiano, poiché sapiente nel riconoscere la trascendenza del mondo nella qualità spirituale che abita ogni cosa. L’esperienza spirituale che l’artista fa della materia esige la creazione di una forma nuova. La forma nuova è un mondo nuovo, universo simbolico, opera che staccandosi dalla mano del suo artefice si fa poesia. La gioia nasce sempre da un oggetto, è sempre gioia di qualcosa. Ogni oggetto non è riducibile alla propria misura, forma e dimensione, poiché in esso vibra un’intelligenza in grado di stimolare l’intimità, la complicità, la fantasia, l’immaginazione. La gioia nasce dall’incontro con l’altro che mi guarda ed è la consapevolezza di ritornare a sé sapendosi donati, in un unico movimento di comunione e trascendenza che, nell’esodo da se stessi, si apre all’altro e a Dio. L’arte è la testimonianza di questa via, poiché nel suo essere non semplicemente dono, ma dono destinato, permette all’uomo di ri-conoscere il Sacro che è da sempre quell’inspiegabile mistero che lo abita.
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10Il Sacro trova nell’artista il suo profeta, interprete della storia, poiché, uomo sensibile, capace di sorprendersi, mostra il senso dell’impossibile, non pensato semplicemente a partire dal possibile, bensì da ciò che non sarebbe mai potuto essere pensato come possibile. Ecco l’eccesso della vita che l’arte non smette di indicare! Il profeta denuncia i tratti di una prassi rivolta al consumo della realtà e rimanda al vivere in uno spazio creativo di libertà.